lunedì 25 ottobre 2010

Residenza e lavoro (falsi) agli stranieri per poche decine di euro

Anche la povertà può essere un business. Succede a Marghera, dove hanno scoperto che un paio di cittadini - chissà se sono gli unici - arrotondavano le entrate casalinghe offrendo lavoro e residenza agli immigrati. Casi singoli od organizzazione clandestina? Lo diranno le indagini dei carabinieri, chiamati a chiarire una vicenda che è inquietante ed è saltata fuori grazie al fatto che al Servizio sociale di Marghera controllano prima di erogare i contributi; e così capita di scoprire i furbi. Come i due cittadini che, in cambio di poche decine di euro, offrivano una residenza - pur non avendo mai visto nemmeno in fotografia la persona - e una dichiarazione di un fantomatico posto di lavoro.

È tutto quel che serve per avere il permesso di soggiorno ed è offerto su un piatto d’argento da gente che ha bisogno di soldi, anche pochi, per sopravvivere. Poveri, poverissimi, che si inventano un nuovo business. La raffinatezza del meccanismo è tale che a questi due cittadini è stato installato il telefono fisso in casa. Devono rispondere a chiunque chiami dicendo che effettivamente l’immigrato Tal dei Tali vive lì. E anche la sede del datore di lavoro è esattamente a quell’indirizzo. Tanto per far tombola, senza sprecare troppe energie. In questo modo si moltiplicano i quattrini. E poi, siccome non bastano visto che stiamo parlando di poveri disgraziati, allora vanno in Comune a chiedere aiuto per pagare le bollette o l’affitto.

Meme Pandin, che dirige il Servizio sociale a Marghera - 14 tra assistenti sociali ed educatori - ha deciso che in momenti di crisi economica come questo bisogna non sprecare i soldi dei contribuenti e, soprattutto, bisogna usarli bene, dandoli a chi ne ha bisogno. Anche perchè i quattrini sono sempre meno, mentre le richieste aumentano ogni giorno. «Stanno arrivando a chiedere aiuto le famiglie di chi ha perso il lavoro un paio di anni fa ed ha esaurito anche la cassa integrazione. Sempre di più. Italiani e stranieri. L’avevamo previsto, ma è un fenomeno da brividi al quale non siamo preparati. Oltre al fatto che non abbiamo soldi».

E Pandin non nasconde le critiche al Comune per poter gestire al meglio i quattrini. Basti dire che non esiste un sistema informatizzato che contenga tutti i nomi di coloro che chiedono contributi al Comune. Per cui succede che ci siano i furbi che fanno il giro di tutti gli sportelli, dalle Politiche sociali dove chiedono contributi vari, all’assessorato alle Politiche educative al quale chiedono i buoni pasto per i figli. Poi fanno una puntatina all’assessorato Casa e dicono che non riescono a pagare l’affitto. Infine vanno in Municipalità. E, nei ritagli di tempo, nelle parrocchie. Non che tirino su chissaché, ma sempre meglio di niente. «Finora nessuno è riuscito a garantire un database unico che possa essere consultato da tutti gli uffici». Non ci vuol molto: si presenta Caio, inserisci nome e cognome e vedi se ha ricevuto contributi da altri. «È una semplice questione di giustizia - dice Pandin -. Non bisogna premiare i furbi e poi è veramente indispensabile, in carenza di risorse, che i pochi soldi finiscano alle persone giuste».

È per questo che a Marghera controllano in più modi le erogazioni di contributi. E si tratta di un controllo che impegna non poco gli operatori del servizio: A Marghera gli assistenti sociali quando istruiscono una pratica cercano di attivare un rapporto di fiducia reciproca - «altrimenti credono che noi siamo un bancomat», sintetizza Pandin. Ma poi si fanno anche i controlli anagrafici perché succede che più di qualcuno si inventi due stati famiglia pur abitando nello stesso posto. In questo modo chiede due volte il contributo all’affitto, per esempio. E ci vuole pure un controllo con l’Inps delle pensioni, per vedere che non ci sia il nonno che vive in famiglia e butta la pensione nel calderone delle entrate familiari. Infine, se è il caso, controlli sul reddito e sulle proprietà. Ebbene, questi controlli incrociati - ripete Pandin - non hanno lo scopo di mettere sulla graticola chi cerca di arrangiarsi per sopravvivere, ma servono ad indirizzare nel modo migliore le risorse.

E a proposito di risorse, c’è da dire che il Comune continua ad erogare contributi non sulla base delle richieste, ma sulla base di un dato storico. «Non ha senso. Ci sono quartieri che soffrono più di altri, no? È ovvio. Ad esempio noi per i minori siamo purtroppo i primi. Vuol dire che noi abbiamo in proporzione più minori di tutti in condizioni disagiate e dunque a carico dei servizi della Municipalità. E abbiamo anche il maggior numero di minori ricoverati in strutture esterne, con il paradosso che già ad inizio anno sappiamo che il Comune non ci darà quattrini sufficienti a pagare le rette per quei minori. E il numero dei ragazzi purtroppo aumenta. E i soldi sono sempre quelli. Non si può andare avanti così. Lo dico perchè abbiamo tutte le avvisaglie dell’assalto. Fra un po’ avremo la coda dei cittadini fuori dalla porta. E noi dobbiamo offrire percorsi di recupero e non solo soldi, altrimenti salta tutto il meccanismo. Se i cittadini pensano che tutto sia dovuto e che i servizi sociali sono un bancomat, il Comune e le Municipalità saranno sempre più in difficoltà. Anzi, saranno sommerse dalle richieste. Noi offriamo servizi non quattrini. I soldi sono un mezzo per risolvere i problemi, non bisogna dimenticarlo. Per questo è indispensabile che siano usati bene».

Fonte: www.gazzettino.it

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